Se in questi giorni siete passati per Porta Venezia e vi siete domandati come mai i due storici bastioni fossero ricoperti da due enormi teli di Juta, sappiate che non si tratta di uno scherzo, ma bensì di una nuova installazione-omaggio alla Milano Art Week. La Fondazione Trussardi ha deciso di affidare all’artista Ghanese Ibrahim Mahama l’installazione, che titola “A Friend”.
Sempre all’avanguardia, Fondazione Trussardi invita attraverso l’installazione a riflettere su cosa Porta Venezia rappresenta ed ha rappresentato nei secoli, come soglia, delimitazione urbana e, come conseguenza, al punto di incontro con l’esterno e “lo straniero”.
“Come sempre con le mostre e le incursioni della Fondazione Nicola Trussardi cerchiamo di portare a Milano gli artisti più interessanti del momento o comunque artisti il cui lavoro non sarebbe conosciuto in Italia se non fosse per i nostri interventi e commissioni” dice Massimiliano Gioni, curatore dell’operazione. “Mahama ha mostrato i suoi interventi in molte città europee, ha esposto a Londra e alla Biennale di Venezia del 2015, dove tornerà anche quest’anno. La traiettoria di crescita e notorietà di Mahama ci sembrava si prestasse a una nuova accelerazione e a una presentazione importante in Italia”.
Un messaggio chiaro, che punta all’inclusione e diventa ancor più significativo in relazione ad una location di prima importanza e visibilità come lo è Porta Venezia. Per di più, il quartiere che affaccia su Corso Buenos Aires è un quartiere multietnico e proteso verso il futuro. Non a caso, la fermata di Porta Venezia è diventata di recente punto di riferimento del Pride con la celebre fermata della metropolitana arcobaleno.
“L’opera di Mahama in particolare si confronta da sempre con alcuni temi che i due caselli daziari incapsulano nella loro architettura”, prosegue il curatore, “il significato e l’importanza dei confini, la circolazione delle merci e delle persone, le forze all’opera nella globalizzazione… Sovrapponendo il lavoro di Mahama ai Caselli di Porta Venezia, siamo costretti a pensare a cosa quelle porte – e, per estensione, tutte le porte e i caselli e le dogane – rappresentano. Ovviamente impacchettare le Porte di Milano significa anche immancabilmente parlare di confini e di identità, di ciò che definisce il sé, la nazione, e l’altro. Temi quanto mai urgenti in Italia”.
L’installazione è visibile dal 2 al 14 aprile.
Foto: courtesy Ibrahim Mahama
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